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al testo di Amina Narimi
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Il volto che non raggiungo me lo dice- la femmina del profondo, con una lingua sua, vede le cose parlare, come appena presente, una famiglia che sopporta l’essenziale con coraggio :la contemplazione senza polmoni fissi, respirando lo spazio, prima, poi l’aria, e le cose che lo abitano- cercando un punto sulla fronte, con l’anulare della mano destra lo cerca, chiudendo gli occhi, senza significato, con una dolcezza vista soltanto nelle foglie quando si sdraiano negli animali, a terra, poi
non guarda più . contempla nello spazio una sfera di 8 ettari di medica, infinita in sé presente nel suo vuoto, danza e danzatori insieme, noi superando_ _ci siamo bagnati senza separazione senz’acqua lavati via le croste con la luce in ginocchio, pianopiano, celebrando il dono impossibile da nominare, così sottile che perdi la strada con le parole. Come valli vuote nel movimento come tronchi sinceri, come acqua torbida che sedimenta andando alla quiete, alla sorgente colma della voce che vede le cose parlare quando ancora non sono presenti
lì, dove abbiamo seminato la placenta, quando la neve è all’appuntamento, si addormenta la foresta con le mani a quattro zampe: c’è un piccolo paese tra le nostre dita, coi lumini sopra i piedi vicini si vedono in lontananza, si fanno visita nel sogno, e nel cuore della bocca nasce il nome, gemendo, dalla fronte, ti goccia negli occhi
così ti scrivo, senza guardare, nello spazio puro, che danza immobile l'amore
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